Guida al volo su V-44 Blackfish – Parte II: atterraggio in stile elicottero, note conclusive

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Bentornati per la seconda puntata di questa guida incentrata sul pilotaggio del V-44 Blackfish. Dopo aver consigliato un buon ripasso della prima parte, vado qui ad affrontare la parte più complessa, ma anche più importante: l’atterraggio.

Confesso che ho incontrato non poche difficoltà nel cercare il modo in cui esporre con precisione e chiarezza le tematiche relative all’atterraggio. Questo perché l’atterraggio non è una manovra, ma un modo di pensare, un po’ come tutto il pilotaggio in sé. Certamente non aiuta il fatto che il V-44 ha una stazza considerevole, e dunque un certo modo di rispondere agli input. A ciò, naturalmente, aggiungiamo un modello di volo valido, sì, ma non esattamente perfetto.

Ho pensato di dividere questa guida in capitoletti sintetici il più possibile. Seguiremo un ideale percorso dalla mente allo stick: una parte di indottrinamento generale per poi parlare della manovra in sé. Sono profondamente convinto di non aver scritto la guida definitiva per quanto riguarda il pilotaggio del V-44. Innanzitutto perché non ho, limitatamente ad ArmA 3, grandissima esperienza nel pilotaggio di questi mezzi; poi perché vengo, sempre limitatamente al simulatore, dal mondo degli elicotteri, che aiuta non poco, anzi, fa gran parte del gioco.

Mi auguro però che questa guida sia un valido aiuto a chi si approccia al pilotaggio del V-44. Non può che fornire spunti: l’esperienza in sé viene dalla pratica.

Tutto quel che diremo si riferisce all’atterraggio in stile elicottero. Per gli atterraggi in stile aereo,

Ciò che sale, deve scendere

Questo simpatico adagio rende, simpaticamente, le cose troppo semplici, anche se è sacrosanto. Un mezzo, per poter volare, deve vincere la forza di gravità. Nella discesa, la gravità è a favore, ma attenzione. Nella linea forse assai sottile fra cadere e poggiare delicatamente il velivolo a terra sta la bravura nell’atterraggio.

Come anticipavo, molto sta nella forma mentis del pilota, oltre che nelle situazioni specifiche. Non si può certo improvvisare un combat landing dal nulla. Ecco però una lista sintetica in cui cerco di evidenziare i punti importanti per un buon atterraggio.

  • Pianificazione: apparentemente è una cosa specifica, in realtà ha vari aspetti. Il V-44 funge principalmente da trasporto truppe, e dunque il pilota spesso comincerà sapendo di dover fare una inserzione. A questo livello, mappa alla mano, soprattutto agli inizi si deve fare una pianificazione attenta. Di capitale importanza è avere dei riferimenti nella fase finale del volo, di solito distanze dalla LZ. Il sistema di funzionamento della mappa di ArmA, con la possibilità di disegnare, aiuta tantissimo. Sicuramente, in allenamento, non fa male imparare a cercare anche di orientarsi con punti di riferimento prelevati dalla mappa ed applicati al terreno. Di grandissimo aiuto è anche il copilota, se presente. Riferimento è una parola chiave. Servirà anche nell’approccio vero e proprio all’atterraggio come manovra.
  • Controllo del mezzo, soprattutto della velocità prima orizzontale, poi verticale. Questo è un altro pilastro, come è facile capire. Dobbiamo arrivare sul punto rallentando progressivamente, altrimenti voleremmo oltre, e ciò si ottiene gestendo bene la velocità orizzontale; perciò è importante gestire bene il sistema di inclinazione del palo rotore, le “marce” del V-44. Poi, dobbiamo posare delicatamente il velivolo a terra, gestendo la velocità verticale, di cui ho parlato parlando di strumenti nella prima parte. Al di là di considerazioni strettamente linguistiche, delicatamente si può intendere senza cadere a peso morto come un sasso. Teniamo l’esempio: prendendo in mano un sasso e molliamo la presa lo stiamo facendo schiantare; poggiandolo delicatamente su un tavolo lo stiamo facendo atterrare.
  • Riferimenti e controllo continuo degli indicatori. Le zone d’atterraggio sono il modo con cui la geografia si prostituisce. In certi casi in un determinato luogo c’è spazio per una portaerei, in altri casi bisogna atterrare dove ci si entra al millimetro. In ogni caso è buona norma di prendere dei riferimenti visivi durante l’approccio. Il pilota ha il vantaggio non indifferente di poter vedere dall’alto il punto in cui deve atterrare. Quasi sempre è un punto di vista privilegiato: un fante in una radura non vede niente, il pilota, potenzialmente, tutta la foresta attorno. Soprattutto nel caso di zone d’atterraggio poco spaziose, il riferimento è fondamentale. Un buon approccio alla LZ è quello che permette di tenerla in vista dal cockpit il più a lungo possibile. Anche così, però, arriverà un punto, quello critico, in cui si vedrà molto poco. Si tratta di un problema molto sentito da chi inizia a volare, specie in elicottero: non vedo dove sto atterrando, il cockpit copre tutto! La risposta è che quel che non vediamo adesso lo vedevamo abbastanza bene prima. La fotografia mentale della LZ è l’ideale prolungamento della ricognizione fatta ancora in volo. Se non si è sicuri di aver capito la fisionomia di una LZ, mai atterrare alla cieca, soprattutto agli inizi. È meglio fare un sorvolo in più attorno alla LZ che potare una foresta a causa di calcoli sbagliati. Nella fase finale, si tratta di muoversi fra i riferimenti e controllare la discesa non staccando gli occhi dalla velocità verticale. C’è un che di profondamente logico nel fatto che la LZ nella fase finale non si veda: gli occhi devono essere fissi sugli indicatori!

Atterraggio stile elicottero o atterraggi stile elicottero?

Come già anticipato, qui parleremo solo dell’atterraggio col palo rotore inclinato di 90°. Sappiamo ormai bene che in questa configurazione il V-44 è praticamente un elicottero. Un elicottero può atterrare in due modi: in avanzamento o in hovering.

Il primo è il più consueto perché permette, tra l’altro, una certa velocità anche orizzontale. Praticamente si atterra come un aeroplano, ma in uno spazio assai ristretto, perché, non avendo spinta in avanti, il mezzo non ha bisogno di frenare.

Esempio di atterraggio in avanzamento, con la variabile in più di un ostacolo da evitare

Il secondo è il più delicato da eseguire. Errore frequente è pensare che per atterrare, in elicottero o in V-44, basti fermarsi esattamente sul punto di atterraggio e togliere manetta per scendere. Il risultato è disastroso perché si lascia tutto il lavoro alla gravità e il nostro velivolo, qualunque esso sia, pesa certamente tanto. Si arriva dunque a terra con una velocità verticale altissima, che non può che creare danni. L’atterraggio in hovering è una manovra effettiva, ma assai difficile. Bisogna infatti scendere pianissimo, con una velocità verticale molto bassa, affinché la gravità non abbia il sopravvento. Questo si ottiene controllando la discesa con la manetta, che quindi non va azzerata ma continuamente manipolata. L’atterraggio in hovering, viste le sue difficoltà, normalmente si effettua solo in caso di LZ strettissime e non diversamente approcciabili.

In ogni caso si tratta sempre, più nell’atterraggio in hovering, un po’ meno in quello in avanzamento, di saper gestire la manetta. Si tratta di giocare con due forze opposte. Per gravità, il mezzo tende a scendere. Quindi, per una discesa controllata bisogna contrastare la gravità per scendere con una velocità verticale bassa.

Un V-44 avanza lentamente in volo controllatissimo continuando a scendere, per atterrare in uno spiazzo al bordo di questa strada di Malden

Questo si ottiene manipolando la manetta. Non si tratta di vincerla (altrimenti prenderemmo quota) né di controbilanciarla esattamente (altrimenti resteremmo in hovering) ma di moderarla. Può sembrare controintuitivo all’inizio pensare di dover anche aumentare la manetta, che normalmente serve a salire, per scendere. Non lo è se si comprende bene la questione delle forze. Tutto è ancora più chiaro se si prende sin da subito la buona abitudine di controllare ed interpretare l’indicatore di velocità verticale. L’importanza di leggere gli strumenti e di seguire i riferimenti di fronte è il motivo per cui qui non parlo di visuale in terza persona.

Pratica dell’atterraggio

Poniamo di esser stati bravi a gestire le “marce” e le distanze. Ora siamo in volo in modalità elicottero (quindi con una velocità normalmente non superiore ai 220 km/h) ad un paio di chilometri dalla LZ. Come fare, in pratica, ad atterrare?

  • Ridurre la velocità orizzontale e la quota. Le due cose vanno chiaramente insieme, ed una manovra da tenere ben presente è quella che qui espongo. Occorre sollevare il muso del V-44, tirando verso di sé lo stick, e correggere con la manetta in modo da discendere a velocità verticale bassa. Sollevare il muso, infatti, fa sì che il mezzo tenda a prendere quota, ma noi vogliamo esattamente il contrario, e correggiamo togliendo un po’ di manetta. Torna, e il discorso in effetti è tutto lì, il gioco delle forze opposte. Il muso è più alto della coda del velivolo, e la manovra fa sì che gran parte della velocità venga dissipata. Il V-44 continua a muoversi in avanti, ma in maniera lenta e controllata.
  • Una volta che il mezzo vola lento e controllato, procedere all’atterraggio in avanzamento. Come già detto si può fare anche in hovering, e in tal caso bisogna fermarsi esattamente sopra alla zona di atterraggio, sempre avanzando, ma rimanendo in quota. Muoviamo il velivolo in avanti con input precisi e controllati, regoliamo la manetta per scendere delicatamente mentre avanziamo piano. Se l’LZ è spaziosa c’è poco da preoccuparsi, se è abbastanza stretta ci muoviamo nella fotografia mentale che abbiamo fatto durante l’approccio. In questo caso, il pilota saprà che deve può avanzare fino a un certo riferimento (due alberi, una pendenza, delle rocce particolari, eccetera).
Dimostrazione pratica della manovra di frenata. La linea rossa evidenzia la posizione del muso del V-44 rispetto alla coda. Come si vede, di solito l’attitudine non è esagerata, ma richiede un sapiente dosaggio dei comandi. Questa manovra va posseduta alla perfezione.

Agli inizi, un buon consiglio è di esercitarsi in quota a fare la manovra descritta. In altre parole una sorta di atterraggio in aria. Fingiamo che a una certa quota ci sia il terreno ed alleniamoci a controllare quota e velocità nel modo giusto.

Due note sull’atterraggio del V-44 in ArmA: bug e speedbrake

Bug della manetta e delle squadre di ArmA. Lo segnalo perché è un bug del gioco che può rovinare un atterraggio perfetto se non si sa cosa stia succedendo. Se il pilota del V-44, nella partita, è in una squadra di cui non è il caposquadra, quando il mezzo atterra spesso la manetta si incrementa in automatico. Praticamente il mezzo non riesce a ridecollare, ma fa dei saltini assolutamente non voluti dal pilota. Se succede basta spegnere il motore del V-44, e il bug dovrebbe sparire. Cosa diavolo centri il sistema delle squadre di ArmA 3 con la manetta del V-44 proprio non lo so. Evidentemente non lo sa manco la Bohemia Interactive, visto che (non sia mai!) non l’hanno ancora mai sistemato.

Questione dello speedbrake (aerofreno). Abbiamo accennato, nella prima parte, allo speedbrake, che è configurabile, come tasto o come asse in base alle preferenze, nei controlli per l’aereo di ArmA 3. Lo speedbrake sul mezzo che ispira il V-44 non esisterebbe, ma su ArmA si può usare. Sono abbastanza cauto nell’uso dello speedbrake: spesso è una manina magica che riduce grandemente la velocità del mezzo. Facilissimo è abusarne è trovarsi in uno stallo, soprattutto se non abbiamo sufficiente velocità orizzontale, il che succede se ci si prefigge di atterrare “dritti per dritti” in velocità, coi risultati che dicevamo sopra.

Vero è che il V-44 tende a perdere velocità assai lentamente, di sicuro in maniera un po’ irrealistica. Si può quindi dosare leggermente lo speedbrake, ma, io credo, il modo migliore per perdere velocità e quota sta nella manovra che ho descritto. Attenzione in particolare alla discesa quando il mezzo è intorno ai 140 km/h: bisogna avere un po’ di avanzamento in orizzontale, o stallare è facilissimo.

Un esempio di atterraggio abbastanza stretto, ma facile da eseguire tenendo come riferimenti l’acqua, la sabbia e l’inizio della vegetazione. Non sempre i riferimenti sono così evidenti o facili da scegliere.

Combat landing?

In ArmA 3, complice la gran diffusione della modalità King of the Hill, vanno abbastanza di moda i cosiddetti combat landings. Questi si riducono spesso a manovre impossibili, fatte abusando dello speedbrake, nel caso del V-44, o dell’autohover nel caso di elicotteri, che vengono impostati in manovre suicide poi corrette dall’autotrim che interviene con l’autohover. Nella maggior parte dei casi, la LZ è caldissima e il supporto aereo non c’è, né la copertura della fanteria.

Volendo volare più seriamente, i combat landings esistono, ma quel combat non implica improvvisi sovvertimenti della fisica. Parliamo sempre e solo di un atterraggio. Tutti i principi generali valgono e restano gli stessi. Quel che varia è la velocità di esecuzione. Il pilota che esegue un atterraggio rapido lo fa eseguendo rapidamente tutte le manovre. Per fare ciò, ha acquisito pieno controllo e familiarità col velivolo che, zona calda o meno, deve comunque atterrare delicatamente. Non si tratta di eseguire manovre difficilissime e pericolose, ma di mettere a massimo frutto quelle note.

Non si tratta nemmeno solo di manovra in sé, ma c’è dietro tutto il discorso di pianificazione e mentalità di cui ho detto.

Qui non voglio entrare nel particolare delle manovre di arresto rapido, trattandosi di argomenti molto avanzati. Invito però a tener particolarmente presenti, se interessa la questione, gli approcci “in parallelo” alla LZ e l’importanza dello girare con i pedali per dissipare la velocità e mantenere la direzione.

Una scena dell’editor che mostra un combat landing altamente drammatizzato, in omaggio a Giant. Si noti come il V-44 stia eseguendo la manovra di frenata.

Nota sulle manovre di emergenza

In caso d’emergenza, il V-44 si dimentica d’essere anche un elicottero, come fa la sua controparte reale. Il velivolo non può infatti eseguire un autorotazione, per varie motivazioni, legate soprattutto al diametro ridotto del disco rotore.

Se il motore del V-44 smette di funzionare, diventiamo all’atto pratico degli alianti con un asso nella manica. L’asso consiste nel saper giocare con l’inclinazione del palo rotore. All’inizio occorre modificare immediatamente l’inclinazione del palo rotore restando in un range vicino a 0°. Non dobbiamo necessariamente essere in modalità aereo, ma, ricordando che cambiando l’inclinazione cambia anche la velocità, bisogna saper giocare sulla cosa. Da una parte ci sarà infatti da percorrere una certa distanza, più o meno breve, per cercare un punto d’atterraggio, dall’altra dobbiamo rallentare il più possibile.

Aiuta il fatto che non possiamo toccare terra col palo rotore inclinato a meno di di 72°. Questo significa che nella fase finale dobbiamo avvicinare l’inclinazione del palo rotore a 90°, sfruttando la cosa per diminuire la velocità orizzontale e verticale. La manovra precedentemente illustrata, che dovrà essere eseguita alla perfezione, ci aiuterà ad evitare un disastro che, se abbiamo perso il motore, è davvero in continuo agguato, peggio quasi del volo in sé e per sé.

Conclusione

Si chiude qui questa guida in due parti sui principi base del pilotaggio di quella macchina particolare che è il V-44. Spero di aver dato un quadro sintetico ma efficace di quelli che sono i fondamenti del volo su convertiplano. C’è, naturalmente, da precisare che la guida non è in sé compiuta, perché non spiega che gli inizi: per il resto, ci vuole la pratica. Sbagliare è poi umano ed inevitabile, e per fortuna siamo su un simulatore. Non è poi un caso che oggi anche per l’addestramento dei piloti veri si usino i simulatori (ah, e se ne avete uno per V-22 Osprey prego di contattarmi in privato).

Credo personalmente che gran parte della questione stia nel capire i concetti in azione. C’è da vedere quel che il V-44 fa e capire perché lo fa e come fargli fare quel che si vuole, nei limiti di ciò che può fare. Questo permetterà il pieno controllo del mezzo, che è la chiave che apre tutte le porte degli argomenti avanzati.

Su questi, forse, in futuro potrò dire qualcosa, magari anche parlando in parallelo di elicotteri.

Fino ad allora, buon volo